Pre… parto oppure una storia di comprensione, accettazione e amore

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L’autocontrollo che in apparenza mi caratterizza di solito, crollò nel momento in cui mi aprì la porta. Poco, per non far uscire i gatti, con la faccia addormentata e i lunghi capelli in disordine. Mi sono ritenuta un sorriso davanti al pensiero “Madonna, quanto voglio bene a questo ragazzo!” E poi: “Ma è normale, è il mio!”, ho continuato con il monologo interiore perché non volevo che si accorgesse che era già perdonato per la sua caratteristica mancanza di puntualità. Ultimamente non riusciamo a vederci molto, al massimo lo seguo agli eventi ogni volta che riesco, altrimenti potrebbe passare anche un mese prima che ci incontriamo e non mi va che la cosa diventi abitudine.
Avevamo pensato a una serata leggera, infatti, è iniziata con uno spritz nel solito posto e continuata con la cena di sushi e Pecorino bianco che tanto piace a lui. A dire il vero, anche a me, ma i miei piaceri quando stiamo insieme passano in secondo piano, com’è giusto che sia. Chiacchieriamo e ridiamo molto, ci prendiamo in giro e ci raccontiamo. Storie di tutti i giorni, di lavoro, di amici buoni e meno buoni, progetti, sogni e così via. Stiamo bene, e questa è unica cosa che conta.
Prima di uscire di casa, mi ero vestita e rivestita più volte, alla fine ho deciso per la classica semplicità, pantaloni e camicetta, con la quale non si sbaglia mai. Quando si tratta di lui sono sempre un po’ incerta, indecisa, forse perché quando un figlio diventa adulto, i genitori sentono di perdere il controllo e il fatto disequilibria un po’.
Mi piace credere che io sia una donna e, implicitamente, una mamma, indipendente, con pensieri chiari e precisi, ma questo non vuol dire che io sia libera, anche se spesso mi accorgo di confondere i due concetti. Per fortuna esistono quei pochi frangenti di lucidità in cui mi rendo conto di quanto il fatto sia sbagliato e, soprattutto, di come la mia testa sia intasata di merda limitativa.
Amo mio figlio, il mio lavoro e, certe volte, me stessa, i viaggi e i posti nuovi, gli inizi come la primavera, l’alba e il lunedì, i pochi ma buoni amici, la natura e il silenzio, il buon cibo e lo spritz, gli uomini buoni, gentili, delle mani belle. Vivo i miei giorni, a volte travolti da drammi esterni e altre volte da quelli personali, di tutto questo e di molto altro, insomma, voglio dire che mi piace pensare a me stessa come ad una persona normale con una vita normale, una donna che ha fatto un lungo e più delle volte doloroso percorso femminile verso la realizzazione di sé che non è ancora arrivato alla fine, un percorso deviato spesso da errori, a volte molto gravi, ostacolato dall’eccessivo spirito di sacrificio, dalla paura di cambiamenti e di solitudine.
Lo guardo è sorrido ancora per la consapevolezza del fatto che la mia salvezza è racchiusa certamente nella decisione – credo l’unica di cui non mi sono mai pentita – di portare al mondo un figlio. Proprio questo figlio, che sta davanti a me e con il quale ora mangio, bevo, chiacchiero, rido, mi riempio di felicità. Non pensate che le cose sono state sempre semplici nella nostra vita, anzi mai, ma con il passare del tempo e con una progressiva comprensione e accettazione di sé e di certe verità, come la forza racchiusa nell’amicizia vera o il fatto che una persona non deve mai confondere gli sbagli con il fallimento o imputarli alla sfortuna, o che un figlio è una persona diversa da noi anche se per sempre parte di noi e non deve per forza portare i nostri sogni avanti, ma quelli propri, abbiamo trovato il nostro equilibrio.
Alla fine, come sempre, abbiamo mangiato troppo, riso tantissimo, quasi ubriacati, messi d’accordo per dove sarà fra pochi giorni, più ce altro in quello specifico del suo compleanno, quando per tradizione gli correrò dietro con la torta e Prosecco. Che alla fine è questo il mistero del perché sono quasi fuori di me in questo periodo, nel senso più del solito, perché rivivo ogni volta, anno dopo anno, il miracolo di dare vita a qualcuno che non me l’ha chiesta, ne fatto pesare, ma che l’ha ricevuta come un dono meraviglioso. Lui è il mio raggio di sole che dal primo momento di vita – e da allora sono passati quasi 27 anni – ha illuminato tutti i miei giorni, quelli bui e quelli belli, senza differenza.

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